Storie di speranza

monica

Monica Farris di San Vito 33 anni, trapianto da donatore vivente ( il papà) dopo 20 mesi di emodialisi.

Era il 10 Febbraio 2010 quando la mia vita subì un grosso scossone. Se dovessi riassumere la mia situazione in breve direi che la dialisi mi ha salvato la vita. La mia infatti è una storia atipica nel senso che non ho vissuto consapevolmente gli stadi dell’insufficienza renale poiché ero ignara della mia condizione. Una mattina infatti, dopo mesi in cui non mi sentivo bene, ho deciso di andare al pronto soccorso di Muravera. Lì dopo prelievi, misurazioni costanti della pressione (molto elevata), un bicchiere di una soluzione marroncina e nauseante, una flebo in un braccio e una sacca di sangue nell’ altro, sono stata trasportata in un ospedale di Cagliari. Passata la notte tra elettrodi e continue trasfusioni la mattina seguente ho iniziato la dialisi tramite un catetere venoso centrale provvisorio. Non nego che sia stato traumatico, all’età di 24 anni, non avendo mai avuto casi in famiglia non sapevo manco cosa fosse la dialisi, ma quando sono rientrata in camera, tolta la stanchezza, ricordo ancora che mi sentivo meglio, respiravo meglio e avevo finalmente appetito; quel piatto di pennette con le zucchine era il più buono che avessi mai mangiato. Dopo 15 giorni sono stata dimessa con 20 kg in meno, dovrei dire litri, e con uno stato di salute migliore; per quanto consapevole che la mia situazione fosse irreversibile ero felice di sentirmi meglio e grata per aver avuto una seconda possibilità. Parte la mia esperienza al Centro dialisi di Muravera in cui tutto il personale mi ha accolta in maniera fantastica, quasi come fossi la loro bambina. Mi sono sentita coccolata e accudita. Per quanto quelle 12 ore settimanali attaccate ad una macchina fossero pesanti tutto mi sembrava accettabile e gestibile grazie a loro. Con pazienza mi è stato spiegato tutto, ho preso consapevolezza della mia situazione e di tutto ciò che comportava e tutto mi è apparso più comprensibile. Sono stata in emodialisi con loro fino a Ottobre 2011, finché il mio papà non mi ha donato uno dei suoi reni e sono stata trapiantata. Nella sfortuna mi sento grata e comunque fortunata di avere incontrato persone come loro , questo mi riempie di gioia e affetto tutt’oggi e mi rincuora anche per il mio futuro.

anna mattana

Anna Mattana di Silius 55 anni, da 7 anni in emodialisi .E’ in lista d’ attesa per il suo secondo trapianto di rene.

“Ho iniziato la dialisi nel 1990 avevo solo 27 anni, ero madre di due bambini di 5 e 6 anni. Ho sempre saputo che cosa era la dialisi, ha sempre fatto parte della mia vita, fin da piccola. Molti miei zii e cugini erano affetti da insufficienza renale cronica, e alcuni effettuavano la dialisi, qualcuno è stato anche trapiantato. Era molto diverso fare l’emodialisi negli anni novanta, quando ho iniziato la prima volta, mi sentivo molto più stanca di ora; adesso dopo la mia seduta dialitica sto meglio. Mi guardavo allo specchio, il colore della mia pelle mi sembrava quasi giallino, ora quando mi guardo non vedo l’aspetto che non mi piaceva e che avevo in quei primi anni di emodialisi.

Ho fatto il mio primo trapianto dopo 4 anni di emodialisi, e il rigetto dopo 16 anni dal trapianto.

Per me la dialisi prima di tutto è un aiuto a vivere, che affronto tranquillamente. Certo i sacrifici ci sono, per me il problema non è tanto nel non poter mangiare quello che vorrei, ma soprattutto nel non poter bere, specialmente d’estate, l’acqua che vorrei!

Per il trapianto non ho fretta.. sono felice anche in dialisi, vengo volentieri sto bene con i medici, gli infermieri e gli altri pazienti! Quando il momento del trapianto arriverà sarò pronta, ma non vivo con quel pensiero. Mi piacerebbe però, soprattutto per la mia famiglia, che ci fosse un pullman disponibile per accompagnarmi a fare la dialisi cosi sarei più indipendente ed eviterei ai miei familiari tanti viaggi, che rubano tanto del loro prezioso tempo”

maria cardia

Cardia Maria 55 anni in emodialisi da 10 anni dopo rigetto di trapianto di rene durato 21 Ho iniziato la dialisi nel 1980, avevo solo 17 anni, all’improvviso, in urgenza, con la stessa fistola arterovenosa che utilizzo ora, che per fortuna non si è mai trombizzata e che è funzionante ormai da 36 anni. Ho fatto la mia prima dialisi all’Ospedale SS. Trinità di Cagliari; lì dopo una settimana di dialisi peritoneale ho iniziato l’emodialisi. I macchinari erano simili a quelli di oggi (secondo me), ma dopo la seduta dialitica io ero molto più stanca di ora. Erano tempi duri per noi dializzati, purtroppo i posti dialisi al SS. Trinità era tutti occupati quindi mi hanno trasferito ad Oristano. E’ stata una fortuna che lì si fosse liberato un posto dialisi e mi ha evitato di dover andare a fare la dialisi a Roma. Oristano molto lontano da Armungia, dove vivevo e vivo attualmente, quindi per ridurre i chilometri che dovevo percorrere 3 volte la settimana, mi sono dovuta trasferire a Cagliari lontano dalla mia casa e dalla mia famiglia. Dopo 4 anni di viaggi ad Oristano si è liberato un posto in un ospedale di Cagliari, poi finalmente, dopo altri 4 anni di lunghi viaggi (circa 130 Km<span style=”text-decoration:line-through;” per ogni seduta dialitica), nel 1988 hanno aperto il Centro dialisi di Muravera dove sono stata accolta. Adesso dializzo a 30 minuti da casa mia , viaggio da sola, sto bene e mi sento di farlo. Ho fatto il trapianto dopo 8 anni e mezzo di dialisi; è andato benissimo. Mi sono sposata e ho deciso di avere dei figli nonostante per ovvi motivi me lo avessero sconsigliato: non ho avuto paura! In gravidanza sono stata bene, e facevo regolari e frequenti controlli. Ho avuto il rigetto del rene dopo 21 anni di trapianto, e purtroppo sono rientrata in emodialisi. Sono una persona positiva, la vivo bene, quasi come un lavoro, ogni giorno devo fare le mie ore. Mi pesa tanto stare tutte quelle ore lontano da casa, e ovviamente la mia speranza per il futuro è un nuovo trapianto”

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Depau Manfredi è venuto a mancare all’età di 57 anni , dopo 38 anni di emodialisi. La moglie Luisa ci racconta la sua storia di coraggio”

“Quando Manfredi ha iniziato a manifestare i sintomi della malattia aveva solo 19 anni, era il 1974. Lavorava in campagna, aveva un trattore che a causa di fortissime emicranie, usava con sempre maggior difficoltà e fu per questo che si è recato dal suo medico di famiglia. E’ stato ricoverato d’urgenza al SS. Trinità di Cagliari per valori di pressione arteriosa altissimi (220/130 mmHg). Durante il ricovero sono stati eseguiti vari esami e per la prima volta gli hanno parlato di insufficienza renale cronica allo stadio terminale. Gli hanno spiegato in maniera molto semplice cosa fosse la dialisi ,era un termine del quale assolutamente non sapeva nulla e per non spaventarlo si erano limitati a dirgli che lo avrebbero attaccato ad una macchina per vedere come circolava il sangue fuori dai reni, omettendo tutto il resto. Non era disponibile un posto dialisi in quella Struttura Ospedaliera, quindi sarebbe stato necessario trovare un posto per dializzare in un altro Ospedale fuori dalla Sardegna . Grazie all’ associazione ANED, già presente a quei tempi e impegnata per i benessere dei pazienti dializzati , si e trovato un posto in un Ospedale privato di Foggia. E’ stato portato li con un aereo militare partenza da Decimomannu, accompagnato dal suo medico e dal suo papà fino a Foggia. Era l’8 giugno 1974 fu il giorno della sua prima dialisi. Grazie all’incannulamento di una vena e una arteria ha effettuato la dialisi per 6 ore. E’ rimasto a Foggia in regime di ricovero per 6 mesi, durante i quali dopo vari (5) tentavi falliti si è riusciti ad allestire una fistola artero-venosa, che è rimasta funzionante per 15 anni. Effettuava la dialisi 3 volte settimane e le sue condizioni erano buone, il suo umore serene , spiritoso e combattivo: non aveva paura! La Clinica di Foggia era privata quindi la sua famiglia ha dovuto affrontare grossissime sacrifici per ogni intervento e per ogni dialisi, quando non hanno più potuto sostenere gli elevatissimi costi sono stati trasferiti a Roma in attesa che si liberasse un posto Dialisi in Sardegna.

Durante il soggiorno a Roma sono sempre stata con lui e ci siamo sposati il 13 marzo del 1975 nella cappella dell’Ospedale, per testimoni i suoi genitori e due sue care amiche. Un bellissimo rinfresco, Manfredi era felicissimo, la sua vita continuava e aveva realizzato uno dei suoi sogni, sposare la donna che amava, e la malattia per lui non contava. Era sereno e spiritoso e soprattutto voleva essere indipendente non chiedeva aiuto; durante i primi mesi di dialisi aveva spesso la febbre. Nel 1975 si libera un posto dialisi a Cagliari, finalmente a casa !! Abbiamo iniziato a viaggiare: percorrevamo 140 km per 3 volte la settimana era faticoso, e lui molto insofferente! Ci hanno proposto l’ emodialisi domiciliare , io sarei stata la sua partner: mi sarei dovuta occupare di gestire la sua seduta dialitica come un’ infermiera. Ho avuto paura, ma con il suo solito entusiasmo Manfredi mi convinse! Ho iniziato l’addestramento per imparare a utilizzare la macchina che permetteva a Manfredi di effettuare la Dialisi all’Ospedale Brotzu. All’inizio è stata dura, tutto mi spaventava: tanto sangue i reni artificiali, la puntura della fistola, a volte mi scoraggiavo, ma lui era lì , aveva fiducia in me e io sono andata avanti. Dopo la prima puntura della fistola Manfredi ha voluto che fossi solo io a pungerlo nonostante ancora fossimo in una struttura ospedaliera, diceva con affetto che avevo la mano leggera, e cosi è stato per tutti i suoi futuri anni di Emodialisi. Il 15 agosto 1978 abbiamo iniziato l’emodialisi domiciliare con un monitor Gambro. Durante le prime sedute dialitiche vennero a turno e seguirono le sedute dialitiche con noi i nostri medici nefrologi per sostenerci e tranquillizzarci tra cui anche il Dott. Piergiorgio Bolasco. Finalmente potevamo iniziare la nostra vera vita, anche con la malattia! Dopo pochi mesi mi accorsi di aspettare il nostro bambino ero serena e ho continuato a dializzarlo a casa. A Ottobre è nato nostro figlio l’abbiamo cresciuto senza nascondergli nulla. La malattia, la dialisi, il monitor, le punture, tutto gli divenne familiare; era sempre con noi anche durante le sedute dialitiche, perché era la nostra normalità cosi era la nostra vita. Amava soprattutto le lucine dei monitor, ci giocava e Manfredi rideva, lo guardava durante la dialisi magari giocando vicino al suo letto. Era felicissimo, e le 4 ore attaccato alla macchina, dalla quale dipendeva, volavano. Abbiamo trascorso 20 anni sereni, in emodialisi domiciliare, con periodici controlli all’ospedale. Ricordo per la festa di Pasqua l’ ho dializzato tutta la notte e dormivamo solo 3 ore, per poter festeggiare Pasquetta al mare con la nostra famiglia. Lui amava vivere nel miglior modo senza che la sua malattia gli imponesse grosse rinunce affettive.

A quel tempo si parlava poco di trapianto renale era molto rischioso e soprattutto non era possibile farlo a Cagliari, ma quando nel 1986 hanno effettuato il primo trapianto di rene nella nostra regione, Manfredi si decise, voleva mettersi in lista d’attesa. Io non l’ho mai forzato era una sua scelta! Aveva già trascorso in emodialisi 11 anni della sua vita. Ha iniziato lo studio per l’inserimento in lista ma purtroppo ci sono stati dei problemi. Erano richiesti per l’inserimento in lista interventi chirurgici, che in quel momento della sua vita Manfredi non si sentiva di affrontare . Nel 1998 a causa di un’ Angina è stato ricoverato d’urgenza . Aveva un Infarto e ha subito un intervento di triplo bypass a cuore aperto. Lui era combattivo, ma è stata dura, per la prima volta ho visto la paura nei suoi occhi. Ci avevano dato una bassa percentuale di sopravvivenza all’intervento ma lui ce l’ha fatta, anche questa volta, l’ho visto uscire fuori dalla sala operatoria con il 15% di funzionalità cardiaca. Hanno iniziato a parlarci di trapianto cuore-reni. E’ rimasto in terapia intensiva per 5 giorni, e al suo risveglio la prima domanda che mi ha fatto è se la squadra del Cagliari avesse vinto. A causa di una trombosi alla fistola, gli hanno impiantato un Catetere venoso centrale per permettergli di dializzare; durante il ricovero che è durato circa 2 mesi, gli hanno allestito una Fistola protesica. In questi 2 mesi di convalescenza la sua funzione cardiaca è migliorata lievemente, e la speranza di tornare alla nostra vita è riaffiorata.

Purtroppo dopo l’infarto Manfredi non era più nelle condizioni di effettuare emodialisi domiciliare; le 3 sedute di dialisi che aveva effettuato costantemente in tutti questi anni non erano più sufficiente, doveva dializzare almeno 4 volte settimana. I primi mesi ha dializzato a Cagliari, viaggiavamo tutti i giorni, poi abbiamo scelto di effettuare almeno 1 seduta dialitica a Muravera per ridurre i viaggi settimanali. Nel 2000 abbiamo deciso di dializzare costantemente nel Centro dialisi di Muravera. E’ stato dura tornare in Ospedale dopo tanti anni di domiciliare, e Manfredi continuamente ripeteva al Dott. Bolasco ai medici e agli infermieri che desiderava con tutte le sue forze tornare a dializzare a casa .Nel anno 2006 finalmente questo è stato di nuovo possibile. Ci recavamo a Muravera per i controlli di routine ogni 2 settimane e per ritirare il materiale, in quello stesso periodo abbiamo vissuto anche la gioia di diventare nonni!

Nel 2011 la Fistola protesica si è trombizzata pertanto è stato posizionato catetere venoso centrale permanente per esaurimento del patrimonio vascolare.. A causa di terapie che non potevano essere somministrate a domicilio ha ripreso ad effettuare al dialisi nel centro dialisi di Muravera, con forte malincuore.

Nello stesso periodo, la sua salute e ulteriormente peggiorata ed e venuto a mancare nel mese di Febbraio del 2012. Abbiamo affrontato e superato tante battaglie, l’ultima purtroppo è stata troppo forte anche per lui”

Quando persone come Manfredi ci lasciano, rimane nel cuore un tatuaggio indelebile, che mai si cancellerà. Sono persone che ti mancano, ma il cui ricordo resta vivo; le sue parole, il suo sorriso il suo ottimismo e quel letto vuoto che ancora oggi guardiamo con nostalgia. Manfredi voleva lasciare un messaggio: a noi ne ha lasciati tanti! Non perdeva mai la speranza per il suo futuro. La vita per lui era bella, sempre anche con la sua malattia, sperava fosse cosi anche per noi , e riusciva a trasmetterci quella stessa speranza che gli permetteva di andare avanti . Non smetteva mai di sorridere, anche quando il dolore raggiungeva le sue giornate. Noi lo ricordiamo cosi……. Ci ha insegnato tanto e questo bagaglio di bellissimi sentimenti e profonde emozioni lo porteremo con noi, per sempre….. semplicemente grazie Manfredi. Il team del Centro dialisi di Muravera

paola e cossu

Cossu Ferdinando 78 anni, di Ballao in emodialisi da 18 anni.

Dopo una vita di duro lavoro sono andato in pensione nel 2000, avevo 60 anni! Ho smesso di lavorare perché non mi sentivo bene, faticavo a camminare perchè aveva le gambe gonfie, e avevo valori di pressione molto sopra la media. Nell’ottobre del 2000 mi hanno ricoverato per 20 giorni a causa dell’ Ipertensione, ma nonostante ciò stavo ancora bene. Avevo la creatinina un po’ elevata ma durante il ricovero è arrivata a un valore talmente elevato che hanno iniziato, dopo una terapia medica che mi ha portato scarso beneficio, a parlarmi di dialisi. In quel periodo non mi hanno proposto la dieta ipoproteica, della quale sento parlare ora nel mio Centro dialisi. Un medico nel suo ambulatorio durante un lungo colloquio, mi ha spiegato in maniera comprensibile che cosa era la dialisi, lo ricordo perché era un medico molto gentile che ha avuto molta pazienza nel fornirmi le informazioni di cui avevo bisogno. Mi ha proposto la dialisi peritoneale e l’emodialisi: io ho scelto da subito di fare l’emodialisi. La mia Insufficienza renale è di tipo ereditario quindi nella mia famiglia molti miei cugini e nipoti avevano già iniziato la dialisi da tempo ed alcuni avevano effettuato il trapianto. Le notizie che mi avevano dato sulla dialisi peritoneale purtroppo mi avevano molto spaventato , quindi non l’ ho scelta. Inoltre mia moglie non era disponibile ad aiutarmi ,aveva paura e non mi sentivo da solo di seguire la dialisi peritoneale. Mi hanno allestito una fistola artero-venosa e dopo due mesi, il 1 Gennaio del 2001 ho iniziato la dialisi nell’ospedale di Muravera, dove sono rimasto per tutti questi anni. Nei primi mesi di dialisi avevo molta paura, e non accettavo la malattia , arrivavo arrabbiato con la pressione altissima, ma già dopo le prime sedute mi sono reso conto di come stavo meglio le gambe finalmente si erano sgonfiate,e riuscivo a camminare come un tempo. Ho iniziato a fare la dialisi solo 2 volte alla settimana. Poi sono passato a 3 volte ma la mia salute né ha giovato ancora di più, mi sentivo veramente bene, il mio umore era un po’ cambiato, iniziavo ad accettare la mia malattia. Ero ritornato vivere la mia vita, passeggiate in bici, il mio giardino , e aiutare i miei figlio e i miei nipotini. Nel 2002 mi hanno proposto di iniziare lo studio per effettuare il trapianto, ma gli esami che ho effettuato non hanno dato tutti esito positivo, quindi non è stato possibile inserirmi in lista. È stata una grossa delusione a quell’età e con il mio apparente benessere mi sembrava l’unico futuro per me, purtroppo non è andata cosi, ho dovuto abbandonare l’idea del trapianto e accettare l’emodialisi come parte costante della mia vita futura. Adesso sono molto sereno, parlo e scherzo sempre tanto con medici, infermieri e gli altri pazienti presenti nel mio turno. Dializzo il lunedi ,mercoledi ,e venerdi sera è affronto meglio le mie sedute dialitiche. Per me il sacrifico più grande sono i viaggi ,3 volte alla settimana percorro 60 km, per fortuna ora dializzo di sera , e arrivo più riposato e più tranquillo perché il mattino ho tutto il tempo di svegliarmi con calma e di aiutare mia moglie, che non sta bene. Mi sono abituato alla mia dieta da dializzato e alla poca acqua che posso assumere, non vivo più la mia alimentazione con sacrifico, anche nelle giornate più calde riesco a controllare la sete. Per me venire ed effettuare la dialisi e diventato una cosa normale, mi sento un po’ come a casa. So che la devo fare e l’affronto serenamente , cerco di viverla nel miglior modo possibile . Non mi arrabbio quasi mai, sono una persona mite e questo mi ha aiutato molto”

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