La regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo

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La riduzione della funzione renale è notoriamente associata a un alterato metabolismo osseo, con maggior rischio di fratture e osteoporosi.

In un soggetto sano il corretto metabolismo scheletrico è in parte mantenuto da un congruo equilibrio tra: Vitamina D e Paratormone (PTH); questo ormone è prodotto dalle ghiandole paratiroidee e deve essere considerato come una vera e propria tossina; il calcio nel sangue ne frena la produzione, il fosforo alto nel sangue ne aumenta la produzione ghiandolare. La vitamina D è nota anche come “Vitamina del Sole” perché è grazie al sole che il nostro corpo, attraverso la pelle, è in grado di sintetizzarla e produrla. L’azione del paratormone si esercita controllando direttamente il metabolismo cellulare del tessuto osseo inducendone un’adeguata e continua rigenerazione (turn over). Vitamina D e PTH orchestrano, quindi, i processi di sintesi e distruzione del tessuto scheletrico, mantenendolo così vivo e resistente. Per fare questo, oltre a regolare l’attività delle cellule scheletriche (osteoblasti e osteoclasti), la Vitamina D e il PTH controllano anche l’assorbimento e l’eliminazione organica dei due mattoni fondamentali per la deposizione della matrice ossea: il calcio e il fosforo. Tra le funzioni del rene, rientra l’attivazione della vitamina D (colecalciferolo) introdotta con la dieta. Nella malattia renale cronica il disordine è dovuto all’incapacità del rene di convertire la vitamina D nella sua forma attiva, il 1,25-diidrossicolecalciferolo meglio noto come calcitriolo.

Nell’insufficienza renale cronica, l’ attivazione della vitamina D quindi si riduce ——–> IPOCALCEMIA. Contemporaneamente, dato che il rene non funziona bene, l’ escrezione di fosfato si riduce, con conseguente aumento dei livelli plasmatici di quest’ ultimo. 
Quindi avremo IPOCALCEMIA e IPERFOSFATEMIA ———–> viene stimolata la produzione di paratormone dalle paratiroidi, come tentativo di compenso
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Si instaura così un iperparatiroidismo secondario, che evita l’ ipocalcemia fino a quando la funzione renale non scende sotto il 30-40% (quarto stadio dell’insufficienza renale cronica). A questo punto cominciano a manifestarsi ipocalcemia e iperfosforemia.  L’insorgenza così frequente dell’iperfosfatemia nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica avanzata e in dialisi è associata a gravi complicanze tra cui l’iperparatiroidismo secondario, a sua volta responsabile della malattia ossea e delle calcificazioni nei tessuti molli ma purtroppo anche di quelle più gravi come quelle sui vasi, causa di serie complicanze per i pazienti.

Questo eccesso di calcio e fosforo nel sangue determina un accumulo delle due sostanze con conseguente formazione di piccoli depositi di minerali in vari organi e tessuti che potrebbero causare l’insorgenza:

  • calcificazioni a livello muscolare e/o articolare– dolori articolari/ossei, sugli occhi (sindrome dell’”occhio rosso”)

  • gravi problemi ai vasi sanguigni, ostruzione progressiva dei vasi arteriosi e possibilità di problemi coronarici sino all’infarto, ictus, ostruzioni precoci dei vasi arteriosi degli arti inferiori, calcificazioni delle valvole cardiache che causano il loro restringimento o insufficienza, compromissione dell’efficienza e la durata della fistola;

  • astenia, prurito,

Il fosforo è riconosciuto in tutto il mondo nefrologico come il più difficile da controllare definendolo come il “killer silenzioso”.

Quindi è estremamente importante adottare tutte le misure per i controllo del fosforo già dalle prime fasi dell’insufficienza renale cronica con livelli inferiori a 3,5 mg/dL e nei pazienti in dialisi < 4,5 mg/dL. Purtroppo il fosforo è molto difficile eliminarlo anche con le dialisi più sofisticate. Quindi la collaborazione del paziente è “la madre di tutte le battaglie”. Ciò si ottiene con il rispetto della dieta prescritta dallo specialista nefrologo e contemporaneamente l’assunzione di prodotti che legano il fosforo ed impediscono il suo assorbimento nel sangue aumentando così la sua eliminazione con le feci. Questi prodotti sono chiamati “chelanti i fosfati”.

L’emodialisi convenzionale della durata di circa 4 ore consente una rimozione variabile di fosforo, (dipendente dalla fosforemia media), aumentando il tempo dialisi a circa 7/8 ore si ottiene un miglioramento della fosforemia predialitica, ma questo è spesso di difficile attuazione a causa anche di una forte resistenza de pazienti, che difficilmente sono propensi ad accettare l’allungamento delle ore della seduta dialitica.

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La dialisi quotidiana diurna o notturna (aumentando notevolmente il tempo di dialisi) garantisce una sufficiente rimozione di fosforo e un controllo adeguato della fosforemia. La dialisi quotidiana è tipicamente domiciliare . Pochi centri dialisi in Italia la propongono poiché le esigenze organizzative dei Centri a volte non lo permettono;

Oggi la metodica più efficiente per la rimozione di fosforo (può superare i 5 grammi/settimana) è la dialisi peritoneale.

Controllo Dietetico del Potassio e del fosforo

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